Troppo cabotaggio fa paura agli Stati della vecchia Europa impegnati a contenere la concorrenza e il dumping sociale di quelli dell’Est. E quindi è normale che molti paesi utilizzino dei limiti al cabotaggio come un’arma per competere. È lecita questa attività? La questione se l’è posta anche la Corte di Giustizia europea e, almeno nel caso giudicato, ha risposto di sì.
La causa in questione (la C‑541/16) era stata sollevata dalla Commissione europea e valutava in particolare la compatibilità con la normativa comunitaria di una legge con cui la Danimarca, nel conteggio del limite operativo del cabotaggio terrestre previsto dal Regolamento europeo n. 1072/2009 (un massimo di tre trasporti interni allo Stato terzo nell’ambito di un trasporto internazionale, a patto di lasciare lo Stato stesso dopo sette giorni dall’ultimo scarico), aveva stabilito che si dovessero conteggiare o soltanto le operazioni di carico o soltanto quelle di scarico, ma non entrambe.
In pratica la Danimarca con questa legge dava la possibilità al vettore straniero entrato nel paese di caricare più volte e scaricare poi in una volta sola tutta la merce oppure di caricare tutta la merce in un’unica operazione e poi di scaricare parzialmente più volte, ma non di moltiplicare in più punti l’attività di carico e quella di scarico. E la Corte ha considerato questa normativa perfettamente lecita. Per più di una ragione.
Innanzi tutto perché il Regolamento comunitario citato non è sufficientemente chiaro, in quanto prevede, come ricordato, che si possano effettuare, con lo stesso veicolo, fino a tre trasporti di cabotaggio, ma non precisa il numero di punti di carico e di punti di scarico che uno stesso trasporto di cabotaggio può comprendere. Pertanto, non essendo chiaro, malgrado sia un Regolamento (e quindi direttamente applicabile nei paesi membri) lascia ai diversi Stati un margine di discrezione nell’attuazione. Prova ne sia che i singoli Stati, attuando tale Regolamento, hanno agito, rispetto al punto controverso, un po’ in ordine sparso, con qualche paese (come Belgio, Germania e Polonia) che consente più punti di carico e più punti di scarico laddove sia unico però o il contratto di trasporto oppure il mittente e il destinatario, e altri (come Olanda e Svezia) che ritengono invece il cabotaggio sempre consentito, a prescindere dalla molteplicità dei punti di carico e scarico.
Soprattutto, l’argomento sostenuto dalla Danimarca e accolto dalla Corte riguarda comunque il carattere necessariamente temporaneo del cabotaggio, che invece verrebbe meno (almeno dal punto di vista numerico, rimanendo come unico vincolo quello temporale dei sette giorni) se non fossero posti dei vincoli al quantitativo massimo di punti di carico e scarico possibili.
In pratica, se nell’ambito di un singolo trasporto di cabotaggio fosse possibile caricare e anche scaricare più volte nell’ambito di uno stesso viaggio, il trasporto in questione diventerebbe un’attività permanente o continua all’interno di uno Stato terzo rispetto a quello del vettore. Esattamente quello che la normativa attuale intende evitare. Almeno fino a quanto questa normativa rimane in vigore. Perché la Corte fa anche riferimento al fatto che esistono già ipotesi di armonizzazione della disciplina del cabotaggio e quindi un’evoluzione della normativa attuale, ma al momento si è ancora in una fase di proposte. E tutto lascia presuppore che difficilmente al riguardo si arriverà a un accordo tra i due blocchi di paesi membri (quelli della Road Alliance e quelli del Patto di Visegrad) sempre più contrapposti.