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FUORI DAI DENTI…….. (terza puntata)

La cera si consuma e la processione non cammina

Con questo vecchio detto, si faceva notare a qualcuno che trascorreva il tempo senza concludere niente. La processione è stata formata; abbiamo il Governo che la guida, le rappresentanze di categoria che reggono i ceri, gli autotrasportatori, e non solo, che attendono  e bisbigliano (sperando che non iniziano a urlare), tutti fermi in fila senza conoscerne il vero motivo. Fino a quando si potrà reggere?

Nei Trasporti, boom di fatture non pagate e quelle in pagamento per servizi effettuati rischiano di essere pagate con ampio ritardo (dai 60 giorni previsti da una norma in vigore dal 2008 e non applicata, oggi si rischia di vedere i soldi dopo 160/180 giorni): senza liquidità crolla tutto il comparto che fino ad ora, specie nel periodo delle quarantene, non ha fatto sentire la propria voce, continuando a lavorare a testa bassa e con dignità.

Cito un autotrasportatore: “In realtà i ritardi nei pagamenti non sono così distanti dalle abitudini dei committenti….e la GDO, la grande distribuzione organizzata …molto bene, fatica a rispettare i termini”.

Nell’elenco di chi viene ignorato in questo tempo di “Carognavirus”, ci sono anche gli autotrasportatori, insieme a tutto il sistema dell’indotto.

Il sistema trasporti  che vale circa il 10% del Pil (supera i 160 miliardi di euro l’anno) e conta oltre 2 milioni di posti lavoro diretti, più un milione di operatori indiretti attraverso l’indotto. Consideriamo che sono circa, dati Camerali, 90 mila aziende attive (questo è un numero che mi preoccupa).

Molti committenti, e tra questi includo anche molte grandi aziende dell’autotrasporto, alimentano un sistema di pressione sui piccoli trasportatori che è miopemente insostenibile. Sono cronaca recente persino accuse di “caporalato” legate a subappalti, con l’avvio di procedimenti giudiziari. Facendo forza sulla consistenza della propria flotta, gli operatori più strutturati riescono ad accaparrarsi le commesse, prevedendo in modo strutturale un ampio margine di subappalto del servizio: se una flotta ha 100 mezzi, assume commesse anche per 200 mezzi; quello che non è conveniente effettuare con propri mezzi, lo subappalta a cifre “da fame”. E chi per non soccombere deve lavorare, accetta obtorto collo.

Un problema annoso, che in questi momenti di crisi si sta accentuando, e non sembra di facile soluzione; una possibilità di tutela sembrerebbe venire dall’appartenenza a un gruppo (consorzio) che presuppone però un pagamento di circa il 10% del fatturato a scapito dei soci.

In apparenza, sembrerebbe che il segnale sia quello di distruggere i piccoli operatori, già frammentati e incapaci di potere contrattuale. Ma non è così, perché i grandi committenti non possono fare a meno di questa “manovalanza”: o peggio, di questo “caporalato”. E’ un cane che si morde la coda!

La soluzione ci sarebbe ma bisogna volerla… Andrebbe creata una banca carichi nazionale, alla quale ciascuno può accedere solo per il 25% in più rispetto alla propria capacità di carico; ciò permetterebbe una  ridistribuzione dei carichi in modo più equo.

“La situazione è delicata – sottolineano più confederazioni – perché fermare il servizio del trasporto rischia di creare un corto circuito drammatico per l’intero sistema Paese. Si fermerebbe un comparto che tiene in piedi l’economia italiana, le aziende made in Italy andrebbero fuori mercato e alla fine ne andrebbe di mezzo, elemento non trascurabile, anche la sicurezza nazionale”.

Non dimentichiamo che l’autotrasporto in caso di fermo, non riuscirebbe a garantire, per esempio, il rifornimento ai supermercati (e qui si apre inevitabilmente, il problema con le GDO), il trasporto a servizio dell’industria, il sistema dell’approvvigionamento della filiera automotive, l’approvvigionamento del carburante, dei medicinali, tutto il sistema  della produzione e  degli investimenti negli impianti italiani, la possibilità di circolazione delle macchine e per estremizzare, anche i trasporti funebri avrebbero difficoltà.

Questo dovrebbe far capire, a chi ha la gestione della “cosa pubblica”, l’importanza del settore.

Quindi se la processione non cammina… senza liquidità, il settore  dell’autotrasporto rischia di implodere trascinandosi  dietro quel che resta dell’economia italiana già disastrata.

Uno dei maggiori rischi, riprendendo le parole di un collega, è il pericolo di ‘infiltrazioni’: Nel trasporto pesante, dove uno dei problemi maggiori è quello della liquidità, con questa crisi, si rischia di  non avere a disposizione le somme necessarie per far girare i camion in modo regolare e con maggiore sicurezza”. La realtà è che ci si arrenda, iniziando “a trasportare, assieme a merci lecite, anche qualche cosa di illecito che ripaga ampiamente il viaggio, ma certamente va contro il sistema di legalità. Il rischio è forte e probabilmente qualcuno ha già ceduto alla tentazione”.

Costi previsti e certificati da una norma  eviterebbero la gara al ribasso, e  la concorrenza straniera, limitando così  alla criminalità organizzata la possibilità di usare  il trasporto (non scopro nulla di nuovo) come “lavatrice” per riciclare denaro, ovviamente di dubbia provenienza.

Il rischio, che qualcuno approfitti  della situazione, c’è tutto. In una fase così difficile per l’economia chi ha a disposizione una forte liquidità è la malavita organizzata. 

 Le imprese, gli autisti di camion e furgoni e tutto il sistema collegato,  che hanno tenuto in piedi l’Italia “nel periodo degli arresti domiciliari”, ora chiedono  aiuto!

Quindi facciamo ripartire la processione!!!

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