“Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur (mentre Roma discute, Sagunto è espugnata (Tito Livio, Storie, XXI, 7, 1). … Roma tergiversò, sicché dopo mesi di combattimenti la città si arrese e Annibale la rase al suolo. Questo al momento lo scenario che si propone all’attenzione.
Un modestissimo parere tecnico personale….Partiamo dal “Decreto liquidità” definibile, allo stato attuale, anche “decreto criticità”. Un decreto pasticciato, poco chiaro, ma soprattutto privo di efficacia immediata; troppe le complicazioni attuative che pesano sui potenziali fruitori che chiedono “Lavoro e Dignità”.
Dopo un mese circa dall’entrata in vigore del decreto, gli imprenditori si trovano ancora a rispondere, per esempio, alle richieste degli istituti di credito; pochissime aziende hanno ricevuto le risorse finanziarie per la ripartenza (sopravvivenza). Soprattutto, il governo è assente. Si parla tanto, si discute, si promette, ma di concretezza non v’è traccia.
La responsabilità politica è duplice. La prima è quella della comunicazione, che ha causato false aspettative con la promessa di soldi a tutti e subito; la seconda, a mio avviso, è l’incapacità dell’esecutivo di scrivere norme chiare, attuabili in tempi utili allo scopo: arrivare subito alle erogazioni necessarie alle imprese per sopravvivere e rimanere nei propri mercati.
Gli imprenditori stanno chiedendo aiuto, ma da soli non potranno mai risolvere il problema, nonostante la capacità e la voglia di fare la propria parte.
L’appello al senso di responsabilità e la richiesta di un “atto d’amore” alle Banche suonano come una dichiarazione di quasi impotenza. Bisogna ripartire. Lo richiedono a gran voce le ragioni dell’economia, l’Italia e la socialità.
Lo sviluppo di una Nazione deve necessariamente passare attraverso la creazione di benessere/ricchezza e chi non lo comprende non potrà mai governare bene un Paese.
Al sistema dell’impresa (sia piccola, media o grande) in forte sofferenza, si aggiunge anche, problema molto serio, la difficoltà dei cittadini, delle famiglie, nell’andare avanti: dopo la fase emergenziale sanitaria, si è entrati in tutta evidenza, in una fase di emergenza sociale che per molti significa non sapere come riuscire a vivere in modo decoroso. Non è da paese civile vedere, per esempio, file di persone dinanzi ai Monte dei Pegni al fine di monetizzare effetti personali.
In fondo sine pecunia ne cantantur missae (senza denaro non si cantano messe)!!!
Tutti chiedono giustamente di non morire di “Carognavirus” o di fame.
Questo stato di difficoltà, se non disciplinato, porta, e lo vediamo ogni giorno, a manifestazioni di protesta “fai da te” molto pericolose che si stanno sviluppando con caratteristica virale. Un “virus” economico che necessita di cure per disinnescare tensioni con azioni concrete e immediate (ieri….è già tardi).
Parimenti faccio notare, seppur con forti dolori di pancia della categoria, il grande senso di responsabilità dell’autotrasporto che non ha chiesto di ripartire, ma di continuare per garantire, come ha sempre fatto, la sopravvivenza a tutti i cittadini.
Quello che salta all’occhio, vedendo vari reportage televisivi, è l’assenza, sulla piazza, dei rappresentanti di associazioni di categoria: un dato che crea imbarazzo. Perché questo silenzio? Chiediamocelo, è necessario!
A tal proposito, per avviare una discussione serena, intendo riportare per nulla pretendere l’avere la bacchetta magica, alcune considerazioni e prese di posizione che manifestano la necessità di una rivisitazione del sistema di rappresentatività “vera, reale e concreta”: c’è bisogno probabilmente di una difficile e coraggiosa “revisione”..
Non si può continuare, dicono dalla piazza, a tenere in piedi associazioni di categoria (quelle presenti nel cd definito Olimpo), che hanno perso, a detta di molti operatori, il senso del loro stesso esistere: il contatto con la categoria. Rappresentanze che difficilmente, potranno essere “toccate” se non addirittura utopistico pensare di riportarle sulla terra, per procedimenti antichi, obsoleti, grazie ai quali una volta avuto un riconoscimento, questo rimane immutato in eterno.
Un esempio sul quale aprire la discussione è “l’arbitraria” obbligatorietà di iscrizione al Fondo FSBA (Fondo di solidarietà bilaterale per l’artigianato) di cui si parla in questi tempi, onde poter accedere alla Cassa integrazione. Si tratta di un fondo costituito dalle associazioni datoriali e quelle dei dipendenti (Confartigianato, CNA, Casartigiani, Claai, CGIL, CISL, UIL) .
All’indomani dell’approvazione del Decreto c.d. Cura Italia, con riferimento al comparto artigiano, è sorto un acceso dibattito sulla obbligatorietà dell’iscrizione al Fondo di solidarietà bilaterale dell’artigianato, apparentemente necessaria ad accedere alla cassa integrazione con causale COVID-19.
Da più parti si è levata la protesta degli artigiani e della categoria dei consulenti del lavoro che, a ragione, avevano sempre ritenuto non necessaria l’iscrizione a FSBA e EBNA.
Di contro l’Ente Bilaterale che gestisce il Fondo, pur avendo ricevuto un trasferimento di risorse pubbliche a sostegno della CIG pari a 60 milioni e forse più di euro, con diversi comunicati stampa, ha mantenuto ferma la propria posizione, affermando categoricamente che l’iscrizione è dovuta per legge.
L’arbitraria, a detta di altri esperti, richiesta di iscrizione, che comporterebbe il sorgere dell’obbligo contributivo non solo per il futuro, ma anche per il pregresso (pari a 36 mensilità), ha di fatto paralizzato la possibilità di ottenere la cassa integrazione per migliaia di datori di lavoro che liberamente avevano deciso di non aderire al FSBA.
“Tutto questo sta avvenendo in palese violazione dei principi costituzionali e chiediamo – si sostiene dall’associazionismo “in prima linea” – un immediato passo indietro, nel rispetto delle migliaia di imprese artigiane che necessitano di questi soldi per la cassa integrazione che, vorrei ricordarlo, sono pubblici. È impensabile vincolarne l’accesso all’iscrizione a un fondo privato, altrimenti sarebbe come non dare alcun sostegno, dal momento che il pagamento delle mensilità per i datori di lavoro può arrivare anche a qualche migliaia di euro”. Sull’argomento si è espresso anche il TAR del Lazio– Roma, sez. III quater che ha riconosciuto la possibilità di presentare la domanda di integrazione salariale senza previa iscrizione a FSBA e EBNA.”
Capisco che si tratta di una questione molto tecnica, ma è facile comprendere che nessuno può obbligare a transitare in regime di monopolio.
Tornerò sul “pezzo” con personale esposizione delle considerazioni che ho letto di altre associazioni che non fanno parte degli elenchi codificati e sulla questione del Fondo, ma nel frattempo, se dobbiamo, come stiamo affrontando, un periodo di grandi sofferenze, bisogna “lavorare tutti insieme”, nessuno escluso, e affrettarsi a trovare le soluzioni nei confronti di due nemici estremamente pericolosi: una crisi economica epocale e una pandemia dai risvolti pesantissimi di non facile soluzione. Ritengo infatti che molti che operano al fianco di tantissime imprese possano apportare un contributo propositivo. Necessario fare una sintesi.
Ufficio stampa: Lorella Ulpiani
Credo sia necessario dire basta e regolarizzare i monopoli; i tempi stanno cambiando velocemente e quindi rimbocchiamoci le maniche “tutti” e come si dice in termini calcistici: palla avanti e pedalare.
Dall’Inno d’Italia……stringiamci a coorte e buon fine settimana ancora di speranza a tutti.