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La Suprema Corte si è nuovamente pronunciata sulla legittimità costituzionale dell’azione diretta in riferimento al giusto corrispettivo da corrispondere alle aziende di trasporto tema di legittimo compenso riconosciuto per i costi della sicurezza.

Vari sono stati i tentativi di renderla incostituzionale, ed ogni volta la Corte si è espressa a favore della legittimità, si spera che questo sia l’ultimo tentativo, che si metta fine a questa “storia infinita”.

Proprio in questi giorni si sta ridiscutendo il principio di “riattivare” i costi minimi della sicurezza” visto che ad oggi nessuna sentenza li ha effettivamente deligittimati, anzi a parer del vero sono necessari visto la situazione nel settore dell’autotrasporto.

SI sono verificate delle strane situazioni, quando il prezzo del gasolio era sceso si sono rivisti i prezzi del trasporto ribassati in base all’effettivo costo del gasolio e le “tariffe” adeguate.

Nel momento in cui i prezzi del gasolio sono risaliti, nessun committente si è mosso per aumentare i costi del trasporto, anzi qualcuno ha rinviato tutto a fine anno o addirittura in qualche caso alle aziende di trasporto è stato risposto, che comunque trovano chi gli da il servizio a condizioni inferiori, cornuti e mazziati.

In allegato troviamo la sentenza della suprema corte che giustifica la legittimità dell’azione diretta

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Il previsto fermo dell’Autotrasporto per il mese di agosto è stato rinviato a settembre, non c’è stata nessuna volontà da parte delle “pseudo associazioni” di risolvere situazioni scottanti sul tavolo delle trattative.

Come avevamo già anticipato al Sottosegretario, non si può, in alcun modo risolvere il problema dell’autotrasporto con provvedimenti spot, c’è bisogno di riformare o meglio ancora di fare in modo di rendere operative le norme già esistenti e di “riproporre i costi minimi di esercizio per la sicurezza stradale, come avevamo già anticipato al Sottosegretario nel nostro incontro.

Poche norme a “costo zero” per lo Stato, anzi garantirebbero maggiori entrate per lo Stato sul gettito IVA, come ad esempio il nostro cavallo di battaglia per l’indeducibilità dei costi sostenuti per il trasporto se non venissero applicati i costi minimi di esercizio.

L’agenzia delle Entrate in primo luogo non può “pretendere” di essere garantita dai committenti per pagamento di contributi ed IVA, se non esiste una norma specifica che induca i committenti stessi a rispettare certe regole, un esempio su tutti, chi garantisce l’impresa di autotrasporto?

L’esempio viene da alcuni committenti nel settore della Logistica, che mensilmente “pretendono” dall’azienda di trasporto una decina di documenti, ivi compreso il pagamento degli stipendi ai dipendenti, il pagamento delle contribuzioni dei dipendenti, l’invio mensile del LUL (libro unico dei lavoratori), ma è un committente oppure un Ispettorato Nazionale del Lavoro?

Le regole che loro impongono sono chiare o accetti  oppure sei fuori, tanto c’è la fila per chi vuole lavorare, ma a che condizioni? Con tariffe da fame? lavorando per 12 ore al giorno?

I punti fermi restano:

  • Tempi di pagamento, sanzioni d’ufficio in caso di controllo o su segnalazione così come previsto dalla norma;
  • “Ripristino” dei costi minimi di esercizio per la sicurezza stradale, vedi sentenza corte costituzionale;
  • Tempi di carico e scarico, devono essere indicati nei documenti di trasporto;
  • Problematiche che insorgeranno con i nuovi tachigrafi “intelligenti”, i committenti non accetteranno di buon grado i mezzi dotati di questo nuovo sistema;

Tutto a costo zero da parte dello Stato, quindi non rientra nel regime degli aiuti di Stato, come si potrebbe rischiare con le deduzioni forfettarie.

 

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L’Agenzia delle Entrate, insieme con il Ministero dei Trasporti e tutti gli altri Ministeri collegati sanno fare bene i conti, infatti se ad oggi non è pervenuta la circolare dell’Agenzia delle Entrate per la deduzione delle spese forfettarie che, come confermato dal precedente Ministro Del Rio sarebbero rimaste invariate,  ossia 51 euro per ogni trasporto effettuato oltre l’ambito comunale e 17,85 euro per quelli effettuati all’interno del territorio comunale, la perdita per le circa 58.000 aziende interessate, si aggirerebbe su qualche decina di milioni di Euro.

Conti (e non Conte), presto fatti, 70 milioni di Euro stanziati dal precedente governo per la deduzione delle spese forfettarie, qualche decina di milioni di Euro che rientrerebbero nelle casse dello stato per interessi su ritardato pagamento, visto che la scadenza era il 30 Giugno e…

Insomma il vecchio detto “do ut des” che tradotto letteralmente dal latino significherebbe “do [a te] perché tu dia [a me]”, in questo caso andrebbe ribaltata in “dai (a me) perché io dia (a te)” , infatti gli interessi sono già calcolati.

Agenzia delle Entrate e Governo sono una cosa sola, quindi in comune accordo prendono tempo, Ministro Toninelli, ci metta mano, gli italiani hanno voluto un cambiamento, ma… in questo caso tutto è rimasto come prima.

IL settore del trasporto è in subbuglio e uno sciopero é giustificato,  non solo per le spese non documentate, anche per altre questioni, questo non fa bene al Governo, ma potrebbe far molto bene al trasporto, vedi famosi costi minimi della sicurezza!!!

 

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Dopo la decisione della Corte Costituzionale che stabilisce la legittimità dei costi minimi, Confartigianato Trasporti ne chiede un’applicazione concreta.

Dopo la teoria, arriva la pratica. La sentenza numero 47 del 2 marzo 2018

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SENTENZA-CORTE-COSTITUZIONALE.pdf – Scaricato 1 volta – 297,95 KB  che afferma la legittimità costituzionale dei costi minimi spinge l’autotrasporto a chiederne il ripristino, dopo un lungo “congelamento”. La prima associazione che lo rivendica è Confartigianato Trasporti in una nota diffusa il 6 marzo 2018, con cui il presidente Amedeo Genedani chiede l’immediata ripubblicazione sul sito web del ministero dei Trasporti dei costi minimi (finora, infatti, il ministero pubblica solo l’aggiornamento relativo al prezzo del gasolio). “Le considerazioni in diritto della Corte Costituzionale illustrate nella sentenza sono chiare e inequivocabili”, afferma Genedani, quindi “non ci sono ormai più alibi per negare al settore dell’autotrasporto l’applicazione concreta e reale dei costi minimi d’esercizio dell’attività”.
Genedani conclude dichiarando che “alla luce di questa importantissima sentenza il mondo dell’autotrasporto deve avanzare immediatamente ed in maniera unitaria l’operatività completa dell’articolo 83 bis del DL n. 122 del 2008 e chiedere che venga integrato con un sistema sanzionatorio capace di fare rispettare non solo l’applicazione dei costi minimi ma anche e soprattutto il rispetto dei tempi di pagamento”.

Inoltre sembra molto strano che molti dei siti web sia di associazioni di categoria, sia che trattano il tema dell’autotrasporto, non riportano la notizia, chissà perché?

fonte trasportoeuropa

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Molte aziende, in questi giorni hanno inviato la lettera di interruzione dei termini ai committenti e nello stesso tempo hanno contattato i nostri uffici per iniziare i conteggi dei costi minimi in base alla nuove ordinanza della Corte Europea, che sostanzialmente ribalta quella famosa del 2015.

Tutte le aziende interessate sono pregate di contattarci per concordare i tempi e la documentazione necessaria per effettuare i conteggi.

Scriveteci pure al form contatti e verrete ricontattati in giornata

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    Dopo la sentenza della Corte Europea del settembre 2014, dove, come una mannaia, a giudizio dei tribunali nazionali, veniva sancita la fine dei costi minimi, oggi, purtroppo per loro, i costi minimi sono legittimi a tutti gli effetti, anzi, sarebbe proprio il caso che il Ministero dei trasporti provveda a ripristinarli.

    La corte si era pronunciata sulla legittimità dell’Osservatorio e non sui costi minimi che venivano pubblicati mensilmente dal Ministero dei Trasporti in base a quanto scrive la corte stessa:

    Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:
    L’articolo 101 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, in forza della quale il prezzo dei servizi di autotrasporto delle merci per conto di terzi non può essere inferiore a costi minimi d’esercizio determinati da un’amministrazione nazionale.

    Pertanto a nostro giudizio tutte le aziende devono inviare lettere di interruzioni dei termini ai committenti per poi iniziare cause sui costi minimi.

    Un grazie particolare al nostro avvocato, Gabriella Casula, per la sua caparbietà e soprattutto perchè ha sempre creduto nei costi minimi, come unico modo per sovrastare la spesso e ostentata onnipotenza dei committenti.

    Alleghiamo per comodità una bozza di lettera per l’interruzione dei terminiAlleghiamo per comodità una bozza di lettera per l’interruzione dei termini

     Alleghiamo bozza lettera interruzione dei termini di prescrizione. 

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    Avete presente la cosiddetta «clausola per l’adeguamento del gasolio»? È quella contenuta nel comma 5 dell’articolo 83 bis del D.L. 112/2008 in cui è previsto che se il contratto di trasporto si svolge con prestazioni da effettuarsi per più di 30 giorni, la spesa che il vettore sostiene per gasolio e autostrada, così come risulta dal contratto o dalle fatture emesse nel corso del primo mese di prestazioni, va adeguata nel caso in cui il prezzo del carburante e/o quello dei pedaggi aumentino di oltre il 2% rispetto al momento in cui il contratto è stato concluso.

    Problema: ma questa norma è obbligatoria e quindi va comunque rispettata anche se non viene richiamata nel contratto, oppure le parti possono accordarsi per non applicarla? In questi mesi segnati da prezzi del gasolio sull’altalena e da pedaggi in ascesa la risposta a tale quesito diventa importante. Ed ecco perché, avendo raccolto pareri legali contrapposti, abbiamo pensato di chiedere spiegazioni a Enrico Finocchi, in quanto direttore generale per il trasporto stradale e l’intermodalità presso il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

    Quella che segue è la sua cortese risposta.

    Con la legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015) il legislatore, alla luce delle criticità derivanti dall’applicazione della disciplina sui costi minimi e tenuto conto della relativa pronuncia della Corte di Giustizia europea, ha novellato l’art. 83 bis del D.L. 112/2008 convertito dalla legge 133/2008, prevedendo l’autonomia negoziale dei contraenti nella determinazione del corrispettivo del servizio di trasporto (comma 4 dell’articolo 83 bis: «Nel contratto di trasporto … i prezzi e le condizioni sono rimessi all’autonomia negoziale delle parti, tenuto conto dei principi di adeguatezza in materia di sicurezza stradale e sociale»).

    Il comma 5 dello stesso art. 83 bis delinea un meccanismo di adeguamento automatico del corrispettivo sulla base delle sole variazioni del prezzo del gasolio e delle tariffe autostradali laddove il contratto preveda prestazioni di trasporto da effettuarsi in un arco temporale superiore ai 30 giorni.

    Nello specifico la parte di corrispettivo corrispondente al costo del carburante sostenuto dal vettore, e risultante da quanto riportato nella fattura, dovrà essere adeguata in base alle oscillazioni intervenute nel prezzo del gasolio che superino del 2% il valore preso a riferimento al momento della conclusione del contratto o dell’ultimo adeguamento effettuato.

    È oggetto di discussione fra gli addetti ai lavori se detta clausola s’imponga comunque alla volontà dei contraenti (e quindi debba essere considerata inderogabile), ovvero se possa essere liberamente derogata dalla conforme volontà dei contraenti, soprattutto alla luce della piena riaffermazione del principio della piena liberalizzazione del corrispettivo del servizio di trasporto (i.e. dell’autonomia negoziale delle parti il che è lo stesso) come da previsione del comma 4 dello stesso art. 83 bis.

    Al riguardo può senz’altro dirsi che la stessa previsione della pubblicazione, con cadenza mensile, nel sito internet del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dei valori indicativi di riferimento dei costi di esercizio delle imprese di autotrasporto per conto di terzi, ex articolo 1, comma 250 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015),costituisce un chiaro segnale, da parte dei pubblici poteri, circa la legittimità di una contrazione della libertà di contrattazione fra vettori e committenti quando sia in gioco latutela di interessi costituzionalmente rilevanti come la sicurezza e l’incolumità dei cittadini e degli utenti della strada, a maggior ragione dopo l’abolizione del regime dei costi minimi di sicurezza che alla tutela di quell’esigenza era preordinato.

    A corroborare ulteriormente tale assunto deve ricordarsi come l’art. 4 del Decreto legislativo n. 286/2005 conferma la centralità del principio di tutela della sicurezza della circolazione stradale, stabilendo che «sono nulle le clausole del contratto di trasporto che comportano modalità, condizioni di esecuzione delle prestazioni contrarie alle norme sulla circolazione stradale».

    Sostanzialmente nello stesso ordine di idee si pongono anche la normativa e la giurisprudenza comunitaria che della sicurezza in tutti i suoi aspetti (e quindi anche di quella stradale e sociale) hanno fatto un principio cardine dell’ordinamento cui gli Stati membri devono conformarsi.

    Infatti, la giurisprudenza comunitaria ha ritenuto legittimo l’intervento dei pubblici poteri coneffetti limitativi sulla sfera giuridica dei privati ove fossero in gioco rilevanti interessiconsacrati come tali dagli stessi Trattati europei come nel caso della sicurezza stradale e sociale (alla cui tutela è finalizzato lo stesso art. 83 bis).

    Avuto riguardo dunque alla centralità del legame fra le condizioni e i prezzi del servizio di trasporto e le finalità di tutela della sicurezza della circolazione stradale nei termini e alle condizioni di cui al comma 4 dell’art. 83 bis nella sua nuova formulazione, è possibile ritenere– anche se l’inderogabilità non è testualmente richiamata nella norma – che la clausola di adeguamento del costo del gasolio ex comma 5 (e dei pedaggi autostradali) si debba imporre necessariamente alla volontà delle parti.

    A conferma di quanto precede può richiamarsi il principio di cui all’art. 1339 codice civile inmateria di inserzione automatica di clausole nel contratto, di cui il caso del comma 5 dell’art. 83 bis può costituire un’applicazione. Si tratta, in altre parole, di un’integrazione in funzione della tutela di interessi preminenti dell’ordinamento comunque prevalenti sulla volontà delle parti, tanto più in materia di tutela sicurezza stradale e sociale.

    Nello stesso tempo occorre rilevare che la previsione di adeguamento del corrispettivo prevista nel comma 5 dell’articolo 83 bis è priva di sanzione; mentre lo stesso articolo, quando al comma 12 richiama i termini di pagamento del corrispettivo relativo ai contratti di trasporto di merci su strada, oltre a disporre apposite sanzioni ai commi successivi, stabilisce esplicitamente che «è esclusa qualsiasi diversa pattuizione tra le parti …».

    Alla luce di quanto sopra, in considerazione della complessità della questione interpretativa, cui afferiscono interessi sensibili e delicati per l’ordinamento giuridico, sino a quando non interverranno pronunce di merito e di legittimità da parte dell’Autorità giudiziaria non può darsi una interpretazione certa e definitiva.

    Enrico Finocchi

    da intervista di uomini e trasporti al Direttore Generale per il trasporto stradale e l’intermodalità dott. Enrico Finocchi

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    I dati della Commissione per la sicurezza stradale relativi al primo semestre del 2015 mostrano che sono in aumento gli incidenti stradali gravi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

    La statistica considera solamente gli incidenti rilevati dalla Polizia Stradale e dai Carabinieri, ma non quelli della Polizia Locale. Complessivamente, da gennaio a settembre 2015 ci sono stati 1220 incidenti mortali, con un aumento del 3,4% rispetto allo stesso periodo del 2014, che hanno causato 1317 morti (+2,8%). La gran parte di questi incidenti (1047) è avvenuta sulla viabilità ordinaria, causando 1123 morti (+2,4%).
    Gli incidenti mortali che hanno coinvolto veicoli con massa complessiva superiore a 3,5 tonnellate sono stati 169, contro i 152 dell’anno precedente, causando 187 morti (quattordici in più). Di questi, 29 sono morti sul camion, 117 su autovetture, 22 su veicoli a due ruote e 19 erano pedoni. Anche in questo caso, la maggior parte degli incidenti è avvenuta sulla viabilità ordinaria: 107 eventi nel 2015, contro 102 dell’anno precedente, che hanno causato 117 morti (contro i 110 del 2014). Però, l’incremento percentuale maggiore si rileva in autostrada, dove nel 2015 sono avvenuti 62 incidenti mortali con veicoli pesanti, il 12% in più dell’anno precedente, che hanno causato 70 morti (contro i 63 del 2014).
    Il giorno della settimana che mostra un maggior numero d’incidentimortali che coinvolgono i mezzi pesanti è stato il lunedì (39 eventi), seguito dal mercoledì (31 eventi), dal giovedì (29), dal martedì (28), dal venerdì (24), dal sabato (11) e dalla domenica (7). Ma questa distribuzione può cambiare, perché nel 2014 il giorno con maggiori incidenti fu il martedì (32 casi), seguito da lunedì e venerdì (con 28 casi ciascuno). Nei sette eventi della domenica, due sono avvenuti in autostrada e cinque su strade statali. Cinque incidenti hanno coinvolto veicoli con massa complessiva superiore a 7,5 ton, mentre di uno non si conosce il tipo, perché l’autista è fuggito senza prestare soccorso.
    Questi dati hanno aperto il dibattito sulle cause di questa tendenza d’incremento degli incidenti mortali che coinvolgono i camion (ma non è detto che i veicoli pesanti siano sempre la causa). La differenza in termini assoluti potrebbe essere casuale o potrebbe derivare dall’aumento dei veicoli pesanti in circolazione, a causa di un leggero attenuamento della crisi, o meglio ancora dalla soppressione dei costi minimi della sicurezza avvenuta “casualmente” all’inizio di quest’anno.

    fonte trasportoeuropa