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Anche nella lontanissima Australia i costi minimi di sicurezza sono al centro del malcontento e delle lotte degli autotrasportatori. Ricordiamo che in Europa le tariffe minime per la sicurezza vennero soppresse in sede UE, perché ritenute contrarie al principio della libera concorrenza. Ora quella questione si ripropone anche agli antipodi del mondo, dove la protesta si è scatenata per l’abolizione da parte del Primo Ministro australiano, Malcolm Turnbull, del ‘Road Safety Remuneration Tribunal’, l’organo giudiziario cui era affidato il compito di indicare il livello sotto al quale una tariffa di trasporto mette in pericolo la sicurezza stradale. Il Tribunale, istituito nel 2012, ha il potere di affrontare direttamente le pressioni economiche sui trasportatori e sulle aziende di trasporto lungo l’intera supply chain, difissare tariffe minime salariali, di risolvere le controversie tra autisti dipendenti e aziende o tra padroncini e i loro clienti.

Il suo scopo dichiarato è quello di riuscire a salvare vite evitando di tenere sotto pressione autisti e aziende di trasporto, inducendoli a viaggiare più velocemente, a fare a meno della manutenzione del veicolo o a “saltare” le pause previste dalla legge.

Ecco perché di fronte alla decisione del governo, più di 200 lavoratori del trasporto sono scesi in piazza a Sydney e hanno bloccato il centro città durante il “Giorno della Memoria internazionale dei lavoratori”. Secondo gli autotrasportatori, Turnbull starebbe sacrificando la sicurezza dei conducenti e in generale degli utenti della strada a favore degli interessi di Coles, una mega catena di supermercati che risulta grande finanziatrice del partito liberale del Primo Ministro. Il “tribunale dei camionisti”, come era soprannominato, era infatti, secondo i manifestanti, l’unico organo in grado di inchiodare alle proprie responsabilità le grandi aziende di trasporto o la grande committenza.

«Da più di 20 anni la ricerca indipendente ha stabilito un collegamento certo tra i costi minimi per i camionisti e la sicurezza sulle strade – ha commentato Michael Aird, segretario dell’Unione dei lavoratori del trasporto – Non è esagerato dire che persone potranno essere uccise o ferite a causa della decisione di Malcolm Turnbull di schierarsi a fianco delle grandi aziende contro i padroncini».

L’anno scorso durante le attività di lavoro sono morti 55 autotrasportatori australiani e negli ultimi dieci anni più di 2500 persone sono state uccise in Australia in incidenti di camion. L’organizzazione dell’autotrasporto evidenza la mancanza di volontà di inserire una quota per la sicurezza nelle tariffe di trasporto: «Non si tratta di una lotta tra aziende e autisti dipendenti – afferma ancora Aird – quanto di elevare gli standard per tutti i lavoratori del trasporto, tenendo conto anche dei clienti e salvando vite sulle strade».

«Dal 1970 tariffe minime erano state applicate solo a padroncini proprietari e queste piccole imprese ne avevano certamente tratto beneficio – conclude Aird – Ma queste tariffe non tengono conto del cliente e non sono estendibili a livello nazionale. La Corte aveva proprio il compito di decidere in merito, caso per caso, ma la sua abolizione da parte del Governo ha bloccato tutto».

fonte uominietrasporti.it 

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Quando dicevamo che l’autotrasporto è la miglior lavatrice per il denaro sporco, non avevamo tutti i torti, un modo semplice e molto economico.

Quando abbiamo difeso a spada tratta, i costi minimi della sicurezza, non volevamo esclusivamente salvaguardare, le aziende di trasporto strozzate dai committenti, ma bensì difenderle dalla malavita organizzata, che pur di ripulire il denaro, abbassando i costi dei trasporti del 20-30% permetteva loro di “lavare” il denaro a costi veramente bassi, mettendo in crisi l’intero settore.

Forse sarebbe il caso di rivedere quella norma con qualche aggiustamento sicuramente, con la fatturazione elettronica, permetterebbe in un batter d’occhio verificare chi lavora sottocosto e soprattutto come farà!!!

ecco il fatto:

Il 3 settembre 2015 i carabinieri hanno eseguito un sequestro di beni per cento milioni di euro nell’ambito dell’inchiesta Aemilia relativa alla presenza della ‘Ndrangheta in Emilia Romagna.

La DDA di Bologna ha chiesto e ottenuto tre ordinanze di custodia cautelare dopo il supplemento d’indagine dell’operazione Aemilia, che nel gennaio del 2015 ha causato ben 117 arresti e 219 richieste di rinvio a giudizio. La nuova inchiesta riguarda soprattutto l’aspetto economico dell’associazione mafiosa e ha portato al sequestro di oltre 35 milioni di euro: oltre a nove beni immobili, sedici autoveicoli, 21 rapporti bancari e finanziari, i Carabinieri hanno sequestrato anche sedici società di capitali. Una di queste è la Touch Srl di Crotone, che opera nell’autotrasporto e che, secondo gli inquirenti, sarebbe nella disponibilità degli indagati.