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La Cassazione, con la sentenza n. 13937/2017 del 9 marzo (depositata il 22 marzo), conferma la rilevanza penale della manomissione del tachigrafo, giudicandola una rimozione delle tutele finalizzate alla sicurezza dei lavoratori, così come previsto dall’art. 437 codice penale.
E questo dimostra come si stia formando un orientamento preciso, che sicuramente finirà per influenzare le decisioni anche dei giudici ordinari.
Fino a oggi, infatti, la manomissione era molto spesso considerata un reato penale dalla polizia stradale, ma poi quando questa inviava gli atti alla magistratura, nella quasi totalità dei casi il giudice delle indagini preliminari concludeva per il non luogo a procedere in quanto non considerava il fatto in questione come un reato.
Anche nel caso sottoposto al giudizio della Cassazione era avvenuta una cosa analoga. Anche qui cioè il Gip di Asti aveva deciso per il non luogo a procedere in quanto la circostanza è già sanzionata dall’art. 179 codice della strada. In appello però il procuratore della Repubblica notava un evidente contraddizione in questa decisione: l’imputato, nel processo in questione, era il titolare di un’azienda di autotrasporto piemontese (Rosso srl), al quale in ogni caso non può applicarsi l’art. 179 cds.
La sanzione di questo articolo, infatti, colpisce esclusivamente chi «circola» o «il titolare della licenza o dell’autorizzazione al trasporto… che mette in circolazione» un veicolo sprovvisto di cronotachigrafo o con «cronotachigrafo manomesso oppure non funzionante», punendoli anche se non sono autori della manomissione, a differenza della norma penale.
Ed è proprio questa una delle differenze con cui la Cassazione tiene distinte nella sentenza le due ipotesi: la sanzione da codice della strada e il reato penale.
Per la precisione il reato consiste semplicemente nel porre in pericolo, mediante l’alterazione di uno strumento, la sicurezza dei lavoratori, vale a dire i conducenti del veicolo o, come aggiunge la stessa Corte citando una precedente sentenza, «persone gravitanti attorno all’ambiente di lavoro» (Sez. 1, Sentenza n. 18168 del 20/01/2016), vale a dire nel nostro caso altri utenti della strada.
Se poi effettivamente si dovesse verificare un incidente, questa circostanza è considerata dalla legge come un’aggravante. Le finalità di tutela dell’art. 437 cod. pen. esprimono quindi una specificità propria, non sovrapponibile a quelle del codice della strada.
E quindi anche rispetto al caso in questione va ripetuto il processo, perché la decisione di non luogo a procedere era sbagliata. Infine, va segnalato che nel dispositivo della sentenza, oltre alla manomissione del tachigrafo, compare come ipotesi di rimozione di tutele finalizzate alla sicurezza sul lavoro, anche la manomissione del limitatore di velocità.
Quindi, anche questa dovrebbe essere considerato un reato penale.