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La Corte di Giustizia, con l’ordinanza del 20.06.2016, ritorna sulla vexata questio della compatibilità dei costi minimi di sicurezza di cui all’art.83 bis del d.l. n.112/2008 con l’art.101 TFUE, in combinato disposto con l’art.4, paragrafo 3 TUE, ribaltando l’interpretazione che molti, compreso il legislatore, avevano tratto dalla Sentenza della Corte di Giustizia del 04.09.2014.

Con tale ultima sentenza, la Corte di Giustizia affermava che:” L’articolo 101 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella controversa nei procedimenti principali, in forza della quale il prezzo dei servizi di autotrasporto delle merci per conto di terzi non può essere inferiore a costi minimi d’esercizio determinati da un organismo composto principalmente da rappresentanti degli operatori economici interessati.

Era già evidente la reale portata della sentenza della Corte di Giustizia, chiara nel dispositivo ma ambigua nella motivazione, che coinvolgeva unicamente le delibere dell’Osservatorio, senza stravolgere l’intero sistema dei costi minimi di sicurezza.

Anche il Tar Lazio, del resto, dopo aver sollevato il quesito risolto dalla Corte di Giustizia, con le cinque sentenze gemelle depositate il 20 febbraio 2015, in particolare con quella n.2889/2015 e n.2891/2015, espressamente escludeva che l’annullamento potesse estendersi alle delibere adottate dal Ministero, affermando:” Deve, in merito, essere precisato che l’annullamento giurisdizionale ha ad oggetto i soli atti in epigrafe espressamente indicati come oggetto d’impugnativa dovendosi, in particolare, escludere l’effetto caducante (invocato dai ricorrenti nelle memorie conclusionali) sui provvedimenti adottati dal Ministero dopo l’attribuzione a quest’ultimo, a seguito del d.l. n. 95/2012, delle competenze precedentemente spettanti all’Osservatorio. L’effetto caducante è, infatti, nella fattispecie precluso dall’inesistenza del rapporto di necessaria presupposizione tra provvedimenti, che ne costituisce il fondamento, come si evince anche dal fatto che gli atti successivi sono riconducibili ad organo diverso da quello – Osservatorio – che ha emanato i provvedimenti espressamente impugnati nel presente giudizio”.

Ciononostante, la quasi unanime giurisprudenza di merito, formatasi dopo la pronunzia della Corte di Giustizia, si è orientata nel senso diametralmente opposto, disapplicando il sistema dei costi minimi introdotti dall’art.83 bis poiché ritenuto contrario all’art.101 TFUE.

Si sono registrate, però, anche decisioni difformi, con le quali i giudici, a ben vedere, hanno ritenuto le determinazioni del Ministero perfettamente valide anche alla luce della sentenza della Corte di Giustizia del 2014( fra le tante ordinanza del Tribunale di Napoli del 17.06.2013; ordinanza del Tribunale di Cosenza del 21.01.2015; ordinanza del Tribunale di Nola del 14.05.2015; ordinanza del Tribunale di Napoli Nord del 22.03.2016; ordinanza del Tribunale di Ferrara del 22.12.2015; ordinanza del Tribunale di Roma del 28.05.2015; ordinanza del Tribunale di Salerno del 10.07.2015; ordinanza del Tribunale di Ferrara del 18.11.2015.

Il legislatore, facendo leva sulla sentenza della Corte di Giustizia del 2014 ha ritenuto, troppo frettolosamente, i costi minimi oramai improponibili e li ha abrogati con la legge di stabilità 2015, applicabile, in virtù del noto principio “tempus regit actum” solo per i trasporti eseguiti successivamente alla sua entrata in vigore.

La Corte Costituzionale, infine, con ordinanza n.80 del 15.03.2015, ha lasciato ai giudici di merito stabilire l’incidenza della sentenza della Corte di Giustizia del 04/09/2014, nel giudizio sottoposto alla loro cognizione.

In particolare, la Corte, dopo aver ripercorso l’iter argomentativo della sentenza della Corte di Giustizia del 04/09/2014 e quello legislativo, che ha portato all’abrogazione, a decorrere dall’entrata in vigore della Legge 23 dicembre 2014, dei commi 1, 2, e da 6 a 11 dell’art.83 bis, ha affermato che “ spetta ai giudici rimettenti valutare l’incidenza della pronunzia della Corte di Giustizia nonché delle modifiche normative sopravvenute, sulla decisione del giudizio sottoposto al loro esame e sulla persistente rilevanza della questione di legittimità costituzionale”.

Chi scrive è sempre stato del parere, anche dopo la sentenza della Corte di giustizia del 2014, che la normativa introdotta con l’art.83 bis fosse pienamente compatibile con quella comunitaria, per quel che concerne le delibere adottate dal Ministero, che non sono state interessate dai provvedimenti indicati.

Dette delibere, infatti, proprio perché provenienti dal Ministero e non da un organismo rappresentativo delle associazioni di categoria, rispettano il principio d’imparzialità richiesto affinché uno Stato Membro possa adottare provvedimenti restrittivi della concorrenza, al fine di tutelare il superiore interesse della sicurezza stradale.

I costi minimi di sicurezza, del resto, non avevano l’obiettivo di garantire al vettore un minimo di profitto, bensì quello di assicurare che nella fissazione del corrispettivo, non si scendesse al di sotto di una soglia inderogabile, rappresentata dalla copertura dei costi minimi di sicurezza, costituendo quest’ultima un’esigenza insopprimibile collegata non agli interessi particolari di una singola categoria economica, bensì alla tutela di superiori interessi pubblici quali la sicurezza stradale e sociale.

La Corte di Giustizia, con l’ordinanza del 21.06.2016, al cui testo si rinvia, conferma la bontà di detta interpretazione affermando:” L’articolo 101 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, in forza della quale il prezzo dei servizi di autotrasporto delle merci per conto di terzi non può essere inferiore a costi minimi d’esercizio determinati da un’amministrazione nazionale”.

La Corte è giunta a tale conclusione dopo aver premesso che la situazione di cui al procedimento che ha portato all’indicata decisione, si differenzia da quella esaminata nella causa che ha dato origine alla sentenza del 4 settembre 2014 laddove, appunto, si erano considerate unicamente le decisioni adottate dall’Osservatorio.

In definitiva, la Corte ha confermato il principio, già espresso ripetutamente con riferimento al precedente sistema delle “tariffe a forcella” e, si spera, oramai chiaro a tutti, che allorquando i prezzi o i costi minimi, come dir si voglia, sono imposti dallo Stato per la tutela di un interesse superiore, rappresentato dalla sicurezza stradale, sono giustificate le eventuali restrizioni della libertà di concorrenza, di circolazione delle imprese, di stabilimento e di prestazione di servizi, in uno, della libertà contrattuale delle parti del contratto di trasporto.

Avv. Pasquale Bonanni