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Circolari

Cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia, una delle regole matematiche fondamentali.

Ed è proprio quello che è stato messo a punto dall’Agenzia delle Entrate, mandando in pensione i vecchi studi di settore per attivare  un nuovo sistema di controllo chiamato “indicatore di compliace” che indicherà il grado di “AFFIDABILITA'” del contribuente.

Così riporta il Sole 24ore

“L’indicatore di compliance sarà un dato sintetico che fornirà, su scala da uno a dieci, il grado di affidabilità del contribuente. Se il contribuente raggiunge un grado elevato avrà accesso al sistema premiale che prevede oggi, tra l’altro, un percorso accelerato per i rimborsi fiscali, l’esclusione da alcuni tipi di accertamento e una riduzione del periodo di accertabilità.

Il nuovo indicatore sarà articolato in base all’attività economica svolta in maniera prevalente, con la previsione di specificità per ogni attività o gruppo di attività. Verrà costruito sulla base di una metodologia statistico-economica innovativa che prende in considerazione diversi elementi:

– gli indicatori di normalità economica (finora utilizzati per la stima dei ricavi) diventeranno indicatori per il calcolo del livello di affidabilità;

– invece dei soli ricavi saranno stimati anche il valore aggiunto e il reddito d’impresa;

– il modello di regressione sarà basato su dati panel (8 anni invece di 1) con più informazioni e stime piu’ efficienti;

– il modello di stima coglierà l’andamento ciclico senza la necessità di predisporre ex-post specifici correttivi congiunturali (correttivi crisi);

– una nuova metodologia di individuazione dei modelli organizzativi consentirà la tendenziale riduzione del numero, una maggiore stabilità nel tempo e assegnazione più robusta al cluster.

Al singolo contribuente saranno comunicati, attraverso l’agenzia delle Entrate, il risultato dell’indicatore sintetico e le sue diverse componenti, comprese quelle che appaiono incoerenti. In questo modo – conclude la nota – il contribuente sarà stimolato ad incrementare l’adempimento spontaneo e incentivato a interloquire con l’agenzia delle Entrate per migliorare la sua posizione sul piano dell’affidabilità.”

Mi sembra evidente, così come avevo iniziato questo articolo,  che poco cambia rispetto al precedente sistema di controllo.

Una pura incentivazione ad effettuare delle false operazioni, quindi anche fatturazioni false pur di rientrare nei parametri prima negli “studi di settore” ed in futuro negli “indicatori di affidabilità”.

E’ evidente che per evitare controlli ognuno tenda a mettersi in regola indicando dei ricavi, specialmente in alcuni settori, non veritieri, come abitualmente succede ogni anno, dove il commercialista di turno chiama il contribuente e gli dice che bisogna fatturare di più perchè altrimenti non si rientra nei parametri fissati.

Domanda spontanea:

  1. cosa devo fatturare in più, è forse l’organo di controllo che stabilisce quante fatture devo emettere nell’anno, o meglio che fatturato devo raggiungere?
  2. E’ forse l’organo di controllo che trova i clienti per incrementare il fatturato?
  3. E’ forse l’organo di controllo che stabilisce chi può essere imprenditore o no?
  4. E’ forse l’organo di controllo che rischia il proprio capitale per avere un’attività?
  5. …ecc.

Uno degli esempi classici è il settore degli autotrasporti su strada di cose per conto di terzi, dove è assolutamente impossibile effettuare dei viaggi in nero per tre validi motivi:

  • i controlli su strada sono moltissimi;
  • le aziende che commissionano i viaggi hanno necessità di scaricare i costi del trasporto;
  • il recupero delle accise da una parte, i costi del pedaggio autostradale dall’altro, ambedue soggetti a parziale rimborso da parte dello Stato, pertanto verificabili da parte dell’Agenzia delle Dogane ed incrociando i dati si avranno risultanze certe.

Ancora una volta sono sempre i contribuenti a dover subire le pressioni da parte di uno stato che non vuole effettuare i controlli e preferisce basarsi solo sulla risultanze “falsate” delle voci di bilancio.

 

 

 

News

Cassazione: «Lo scostamento tra quanto dichiarato e gli Studi di Settore non legittima l’accertamento»

Non basta per rendere legittimo un accertamento il semplice scostamento tra quanto dichiarato e quanto indicato nelle medie del settore, ma servono anche prove ulteriori di altra natura. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 15633/2014 precisando che seppure – come avveniva nel caso di specie – il reddito accertato era stato determinato al ribasso, in ogni caso la Commissione Tributaria della Campania non poteva giudicare fondato il rilievo dell’ufficio soltanto perché esisteva una difformità tra quanto dichiarato e i parametri indicati negli Studi di Settore. Di conseguenza l’accertamento andava annullato per vizio di motivazione. Tale motivazione – ha aggiunto la Cassazione – «non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri, ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, solo così emergendo la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui suddetti parametri e la giustificabilità di un onere della prova contraria (ma senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto) a carico del contribuente». Un ragionamento, tratto da una precedente sentenza della Suprema Corte (n. 27822/2013) che deve vale come principio generale «ogni qual volta la motivazione assuma una serie di dati comparativi esterni su cui misurare l’inattendibilità del dato della singola posizione del contribuente».

fonte uomini e trasporti

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